Item Number: 136666 Title: Perdere la testa. Aspetti e valori della decapitazione nel Vicino Oriente Antico Author: Dolce, Rita Price: Not Available ISBN: 9788898244171 Description: Roma: Espera, 2014. 24cm., pbk., 144pp. illus. Summary: "Perdere la testa" si presta nell'uso corrente a definire varie condizioni dell'individuo, a seguito di un trauma di varia natura, organica o psicologica, dall'ira al dolore all'innamoramento, ed altro ancora. L'espressione viene dunque trasposta dal significato primario di una status abnorme dell'individuo in altri significati che attengono a un'assenza momentanea o anche permanente delle facoltà mentali, una forma di alienazione; ma con un denominatore comune per chi si trovi a perdere la testa in senso reale o metaforico, riassumibile nella perdita del "controllo di sé". Da questa premessa muovono alcune riflessioni, generali ed analitiche, sui valori della decapitazione in tempo di guerra per chi la infligge e per chi la subisce alla luce della comunicazione visuale della Mesopotamia e della Siria tra III e I Millennio a.C., ove tale procedura occupa un ruolo particolare, non assimilabile a mio avviso ad altre, e rispondente ad un livello diverso di alienazione/disabilità dello sconfitto, nel merito e nel significato. Alcuni elementi che ricorrono nelle culture figurative del Vicino Oriente pre-classico come delle costanti nella rappresentazione per immagini e per iscritto della decapitazione e nelle procedure connesse prima e dopo l'atto diventano dei codici narrativi di lunghissima durata, come è esemplarmente testimoniato da arazzi iberici del XVI sec. d.C. con le storie di Giuditta ed Oloferne. Si è inteso quindi presentare una documentazione sul tema in una prospettiva trans-cronologica che mira a palesare alcune condizioni, relazioni e valori che stanno attorno a questo specifico atto in tempo di guerra, riconoscendo nella testa mozzata un "oggetto ambìto", spesso sottoposta all'attenzione di più attori che interagiscono nelle vicende e nei destini ad essa riservati. L'analisi condotta in questo lavoro muove dalla selezione di alcuni codici figurativi e dalla loro diversa associazione nelle numerose opere considerate ove la testa mozzata è il focus e ne ripercorre le evidenze dall'età preistorica all'età neo-assira in Anatolia, Siria e Mesopotamia; e propone, anche supportata da dati testuali quando significativi, interpretazioni iconografiche ed ideologiche diverse in molti casi da quelle fin qui prevalenti. La testa avulsa dal corpo produce effetti a lungo termine sulla memoria collettiva, soprattutto in casi di personaggi eminenti, conferendo all'atto stesso i contorni di una forma rituale. Questa connotazione sembra alimentare il taglio della testa anche fuori dallo scenario propriamente bellico documentato nella comunicazione visuale e nelle fonti ed investire direttamente immagini di individui e di dei nelle loro statue, in forme analoghe nell'atto e nelle azioni connesse alla "perdita della testa" a quelle di soggetti umani eccellenti. Gli uni e le altre catalizzatori di energie vitali.
(Collana di Studi archeologici, 3)
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